Esploratori. Dai popoli cacciatori alla civiltà globale

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Felipe Fernandez-Armesto, Esploratori. Dai popoli cacciatori alla civiltà globale, Bruno Mondadori, 2008.

Recensione di Simone Barcelli

“Esploratori. Dai popoli cacciatori alla civiltà globale” è un bel libro di quasi cinquecento pagine in cui l’autore, insegnante alla Notre Dame University dell’Indiana e membro della Facoltà di Storia del Queen Mary College di Londra, riesce a raccontarci la storia su questo pianeta sotto un’ottica particolare: attraverso i viaggi d’esplorazione, soprattutto per mare, tra rotte commerciali e spirito d’avventura, che fin da tempi remoti ha visto impegnati i nostri antenati.

Come suggerisce lo stesso Felipe Fernandez-Armesto, da una prima fase di divergenza, in cui le migrazioni hanno prodotto cultura e civiltà, si arriva al momento di convergenza, quando il movimento umano negli ultimi cinque secoli ha in sostanza prodotto contaminazione tra società diverse.

È un viaggio attorno al mondo che non manca di appassionare il lettore, non solo per il contenuto, ma anche per la scrittura lineare e scorrevole dell’autore.

Fra l’altro questo libro è stato premiato nel 2007 con il prestigioso World History Association Book Prize, che annualmente viene assegnato a chi fornisce “contributi eccezionali nel campo della storia del mondo”.

Un testo, aggiungiamo noi, da conservare in libreria e da riprendere ogni qualvolta si accenda un dubbio lungo il cammino segnato dalla nostra inguaribile sete di conoscenza. Perché, tra le pagine, troverete, oltre a inestimabili pillole di saggezza, anche precise risposte a tanti quesiti. Una piccola enciclopedia sempre a portata di mano, in cui troveremo informazioni succinte ma interessanti, senza un eccessivo appesantimento nel racconto.

Un libro, quello di Felipe Fernandez-Armesto, che presta il fianco anche alle critiche e non poteva essere diversamente: non pare davvero compito facile per un autore condensare in un solo volume millenni di storia del genere umano.

Se poi questa grandiosa ricostruzione riconduce alla normalità anche i grandi navigatori del passato, come Colombo e Magellano, gettando ombre di fallimento su altri, Lewis e Clark su tutti, si comprende la ragione di tanto astio nelle recensioni.

L’autore, come accennato, è in grado di condensare in poche righe lucide analisi, come quando a proposito degli intraprendenti navigatori che raggiunsero le coste del Nuovo Mondo ancor prima di Cristoforo Colombo, scrive che “Dallo Yukon all’Uruguay e dallo stretto di Bering al canale Beagle sono disseminati così tanti siti, in contesti stratigrafici così diversi, che presentano tali diversità culturali e coprono un periodo di tempo così lungo, che c’è una sola conclusione possibile: i colonizzatori arrivarono in tempi diversi, portando con sé differenti culture. Non c’è dubbio che alcuni di loro siano arrivati dall’Asia via terra attraverso lo stretto di Bering, ma è probabile che altri siano giunti per mare.”

Oppure, a proposito dell’usanza dei nostri antenati di onorare i propri defunti cospargendone il corpo con l’ocra rossa, un pigmento naturale che da sempre simboleggia la vita, ci ricorda che “all’ocra venivano attribuiti quasi ovunque poteri magici e già 40.000 anni fa veniva utilizzata come offerta sacra nelle tombe: ne sono stati ritrovati degli esemplari in alcune delle più antiche sepolture accompagnate da offerte funebri.”

Da leggere e rileggere, perché non si finisce mai d’imparare.

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